Movimenti di truppe ai confini fra Thailandia e Cambogia per la vecchia questione del possesso di qualche pezzo di terra intorno ai templi di Preah Vihar. Faccende manipolate per ragioni politiche dall’opposizione thailandese che accusa il premier Samak Sundaravej (oltre che d’incapacità e corruzione) anche of ceding territory to Cambodia with their support for the temple listing.

Da parte Cambogiana, il fortunato primo ministro Hun Sen gongola; può sfoderare i muscoli per difendere quello che i cambogiani considerano uno dei simboli della nazione, in periodo elettorale. I Khmer, inoltre, non amano i ricchi e presuntosi Thai. Nel 2003 una folla inferocita assaltò l’ambasciata e i negozi thailandesi, solo perché era girata la voce che una starlet thai aveva dichiarato che Angkor Wat doveva tornare alla Thailandia.
Al centro della bandiera cambogiana sono disegnati le torri shikkara di Angkor, simbolo dei tempi lontani in cui l’impero Khmer dominava il Laos, parte del Vietnam e le montagne Isaan dell’odierna Thailandia; si parla dell’XI secolo.
Preah Vihar si trova proprio fra le montagne (Dangrek) che segnano gli odierni confini. Il complesso di templi dedicato a Shiva Signore delle Vette (Sreysikharesvara) s’allunga su una alta collina che domina un’ampia vallata. Proprio sotto, a 200 metri di distanza, sono acquartierati 800 soldati cambogiani e 200 rangers thailandesi. Speriamo che la noia, il caldo e la pioggia non faccia scoppiare qualche scintilla.
I massi scompigliati dal tempo, i serpentoni protettori delle Acque (Naga) e le splendide pietre scolpite con le immagini di Shiva, di Kala (il Signore del Tempo) e dei Dikpala (Guardiani delle Direzioni) è arte d’origine indiana come il Linga che veniva venerato nel tempio centrale.
La forma dei templi, allungati verso il cielo, riportano al monte Meru, il Centro del Mondo e dimora delle divinità. Per cercare il contatto con esse, in tempi migliori, nelle tre costruzioni studiavano e meditavano monaci, sovrani e alti dignitari per trovare armonia e guidare con giustizia il popolo. Le entrate furono costruite per offrire alla divinità il primo raggio di sole dell’alba. 

Negli ultimi anni, le mura dei templi hanno visto arrendersi i soldati fedeli al dittatore filo-americano Lon Nol ai Khmer Rouge (1975) che a loro volta s’arresero proprio qui nel 1998. Qust’area, nei secoli, passò da un paese all’altro, fu riempita di mine durante la guerra civile e tornò praticabile solo nel 2003 con il rifacimento e la bonifica della strada da Siem Reap.
Prima di allora e, anche oggi, per i visitatori era più comodo arrivarci dalla Thailandia e del resto anche il complesso di Angkor (oltre due milioni di visitatori annui) è integrato nei pacchetti turistici thailandesi.
Nel 1962, forse per tenersi buono l’altalenante Re Norodom, la Corte dell’Aia decise, finalmente, che il tempio e l’area circostante erano sovranità cambogiana, decisione mai riconosciuta dalla Thailandia.
Anche in questi giorni qualche decina di thailandesi s’è raggruppata alla frontiera per richiederne il possesso. Un gruppetto, malgrado la chiusura del confine, s’è infilato, è stato arrestato e ciò ha provocato l’invio di truppe thailandesi. Un po’ di spettacolo, come detto, per i politici di Phnom Penh e Bangkok. Intanto la gente dei villaggi scappa, di combattimenti ne hanno visti abbastanza.
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