Forse ce l’ha fatta. Dopo giornate di durissimo lavoro, il leader maoista Prachanda è uscito dall’isolamento in cui aveva cacciato il partito e, forse, riuscirà a diventare primo ministro di un governo di coalizione.
The Maoist party has proposed restructuring of the state in the spirit of the federalism, drafting of new condition within two years, immediate relief package to conflict-affected and poor people, integration of Maoist combatants and management of arms within three months as per the Comprehensive Peace Agreement (CPA), restructuring of the bureaucracy to make it suitable for the federal system, special development programmes for Karnali region, employment to youths, price control, and normalisation of supply of fuel and other essentials – among others.
Il Programma è così generico che sarebbe accettabile anche da Berlusconi, e rimangono ancora da definire la divisione delle poltrone fra i probabili membri del governo – CPN (Maoist), Nepali Congress, Unified Marxist Leninist (UML) and Madhesi Janadhikar Forum (MJF) partiti che fino a ieri rifiutavano fermamente di far parte di un esecutivo a guida maoista. Forse, finalmente, il Paese avrà una guida se il tutto non si spappolerà come è sempre accaduto nei governi di coalizione del passato.
Prachanda s’è dato un gran daffare (spinto anche dalle critiche interne) e le male lingue dicono che finalmente inizia a buttare giù tutta la ciccia che ha accumulato con wiskey e libagioni da quando è uscito dalla giungla. Del resto, l’amore per gli alcolici, in dosi per comuni mortali insopportabili, è un costume diffuso nella classe politica nepalese, nella burocrazia e fra i mandarini delle organizzazioni internazionali. Quando si va a cena con uno di questi vanno in wiskey e rum l’equivalente di 7 set didattici completi per un bambino delle scuole.
Il dimissionario Primo Ministro e gran manovratore Koirala è andato di forza al summit del SAARC a Colombo e nel ritorno si è fermato a Delhi, nell’onnipotente regno di Raisina Hill, dobe ha sede il potere del sub-continente, per raccogliere appoggi, consigli e consensi sul modo migliore per grigliare i maoisti, renderli inoffensivi e mantenere il suo clan al potere.
Altra consolazione derivante dalla svolta politica è che le bande di inutili fannulloni che s’aggirano a Kathmandu nelle ambasciate e a Pulchowk (il recinto delle NU) finiranno di recarsi giornalmente da ministri, esponenti politici vari per “esprimere preoccupazione sulla situazione politica”; per dare un senso alla loro esistenza e alle loro prebende. The US/Un/UE etc. envoy is said to have expressed worry over the political deadlock and emphasised that the parties should be able to resolve it at the earliest. Le risposte dei politici nepalesi, ormai stanchi,: ……..assured the political stalemate will end soon as possible.
Altrettanto scontato è il comunicato che ha chiuso a Colombo il vertice SAARC … leaders have pledged to continue efforts to boost economic growth, social progress and cultural development which would promote the welfare of the peoples of South Asia and improve their quality of life, thereby contributing to peace, stability, amity and progress in the region.
Mentre continua l’interminabile guerra nel nord del paese fra governo e minoranza Tamil (indiani del sud), ormai fuori controllo dal Governo: Heavy fighting broke out in northern Sri Lanka on the eve of a South Asian summit in the capital, leaving at least 14 government soldiers and 38 rebels killed, a military official said today.
The rebel Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE) offered stiff resistance to a military advance in the Mallavi area, deep inside rebel-held territory yesterday, spokesman Udaya Nanayakkara said. “Terrorists have lobbed hundreds of mortars in order to slow down the advancing soldiers,” dice il ministero della difesa.
Un conflitto che il SAARC non è riuscito a risolvere come le tensioni crescenti (dopo gli attentati degli scorsi giorni in India) fra India e Pakistan, a quelle sui rifugiati fra Nepal e Buthan, fra India e Bangladesh per l’ospitalità ai separatisti dell’Assam e ai presunti terroristi islamici, alla generale paura dei piccolo stati asiatici dell’egemonia economica Indiana e dell’India per l’instabilità degli stati confinanti.
Per queste e altre ragioni il SAARC non funziona, come scrivono giornalisti e studiosi sul numero speciale di Himal (il miglior mensile che tratta i problemi della regione stampato a Kathmandu-www.himalmarg.com). I giornali indiani hanno trascurato l’evento.
Il SAARC (South Asian Association for Regional Co-operation ) fu costituito nel 1985 con la partecipazione di India, Pakistan, Maldive,Nepal, Bhutan, Bangladesh, Sri Lanka (Afghanistan nel 2008) come primo passo di un unione politico-economica sull’esempio dell’Unione Europea. La sede di Kathmandu eliminò le ultime risaie e il gracidio delle rane a Thamel nel 1984.
Nel 2005 entrò in vigore il South Asian Free Trade Area (SAFTA) che “is not worth the paper on which it is written, for at least five reasons. First, it is only concerned with liberalising trade in manufactured goods, and will be undermined by the outcome of ongoing multilateral trade negotiations, unilateral trade liberalisation and sub-regional trade agreements. Second, SAFTA will be circumvented by ‘sensitive’ (also known as negative) lists, Rules of Origin requirements and non-tariff barriers. Third, an agreement such as SAFTA only makes sense if it includes agriculture, crossborder movements of labour and capital, free movement of services, cooperation in transport and so on. Fourth, without China, Iran and Burma joining SAARC, such agendas cannot be pushed through SAFTA, the probability of which is remote. Hence, fifth, sub-regional cooperation will be pursued by India with Afghanistan, Bhutan, Nepal and Sri Lanka (the Maldives is in a slightly different situation). Meanwhile, the India-Bangladesh and India-Pakistan relationships remain stuck, but there is no reason to presume that these have a higher probability of being negotiated through SAARC than bilaterally.
L’integrazione fra le economie non avanza, e il “mercato” dà l’esempio. Le Corporations Indiane (a parte qualche caso) preferiscono investire all’estero (europa, usa e africa): la Tata acquista la Jaguar, Jindals le miniere boliviane, Ambani investe a Hollywood. E quando provano ad investire nell’area scoppiano controversie nazionalistiche come è accaduto per Tata che voleva costruire un complesso industriale(ferro, fertilizzanti, energia) per 3 miliardi di USD in Bangladesh .
Ma a Colombo, i principali attori, gli indiani, non avevano in testa l’integrazione economica o interventi per ridurre la crisi alimentare ma i problemi di sicurezza derivanti dall’attacco terroristico, i contatti presunti dei terroristi con i servizi segreti pakistani, i campi in Bangladesh e il transito di armi dall’incontrollabile Nepal. L’India cerca sicurezza dai suoi vicini che non sono in grado di dargliela.
La gente dell’India ha reagito con paura composta agli attentati: sulla spiaggia sacra di Puri in Orissa centinaia di fedeli ha costruito una divinità di sabbia per chiedere al terrore di fermarsi, non vi sono stati, come nel passato, pogrom antimusulmani.
La politica è andata, come sempre male, il leader del maggiore partito d’opposizione (il nazionalista BJP), la signora Sushma Swaraj suggested that the blasts in Bangalore and Ahmedabad were engineered to divert attention from the bribery charges against the government (lo scandalo cash for vote). Anche il paludato Times of India arriva vicino all’insulto commentando le dichiarazioni. Se questo è il livello non sorprende che in India voti solo il 60% degli elettori e che la classe politica sia considerata, in larga parte un fardello allo sviluppo.
Le bombe hanno colpito, come sempre, la gente comune specie la nuova borghesia nei mercati, ospedali, alle fermate dei bus, nelle strade commerciali.
Quattordici mori nella capitale del Gujarat, Ahmedabad; 8 bombe nella capitale della nuova economia Bangalore con 2 morti e molti feriti. Altre 20 bombe inesplose trovate a Surat (centro dell’industria dei diamanti) ancora nel Gujarat. Si vuole far salire la tensione come nella più classica delle strategie. Il debutto con l’attentato all’ambasciata di Kabul. La strategia della tensione funziona, oggi il crollo di una balaustra ha fatto pensare a un attentato fra i centinaia di migliaia di fedeli hinduisti al tempio di Naina Devi, in Himachal Pradhesh. Il panico ha provocato oltre 145 vittime.
L’India sopporta da anni le bombe, a Maggio sette bombe a Jaipur con 63 morti e centinaia di feriti in un mercato. Eneti, purtroppo ricorrenti negli ultimi anni: nel 2007 3 esplosioni a Hyderabad durante le preghiere del venerdì in una moschea (11 morti) a cui seguirono scontri con altri 5 morti, due mesi dopo (agosto) altre bombe in un parco giochi con 40 morti A febbraio bombe sui treni con 66 vittime.
Nel 2006 fu presa di mira la stazione di Mumbai con 180 morti e la città sacra di Varanasi (15 morti). In sintesi, dal 2003 sono state oltre 1500 le vittime ape attentati. Una cifra che pochi in occidente conoscono.
La polizia Indiana, notoriamente, non tiene gran conto dei diritti umani, strappando così facilmente ogni genere di confessione. Comunque sembra aver identificato alcuni esecutori (che si dichiarano innocenti) appartenenti ai Indian Mujahedeen e al disciolto Students Islamic Movement of India (SIMI), proscribed under the Unlawful Activities (Prevention) Act, 1967, is an Islamist fundamentalist organization, which advocates the ‘liberation of India’ by converting it to an Islamic land. The SIMI, an organisation of young extremist students has declared Jihad against India, the aim of which is to establish Dar-ul-Islam (land of Islam) by either forcefully converting everyone to Islam or by violence.
La rete prevede: basi in Bangladesh, (dove si racconta sia nascosto Bin Laden, fra le giungle impenetrabile del delta), supporto logistico dai servizi segreti pakistani (non provato), armi ed esplosivo dall’Afghnaistan e dal Nepal.
Gli ultimi attentati sono concentrati in stati governati dal BJP, il partito d’opposizione nazionalista hindu
I possibili obiettivi: inasprire la tensione politica fra governo e opposizione, scardinare la sempre fragile coesistenza religiosa. E, inserirsi, nella crisi politica (superata per un pugno di voti da governo) derivante dai nuovi, ottimi, rapporti con gli USA e dal nuclear deal, appena firmato con l’Amministrazione Bush . Ultima nota l’anno prossimo ci saranno le elezioni politiche.
Del programma nucleare civile indiano si discute da anni, in marzo l’amministrazione Bush ha deciso di finanziarlo, indicando un fondamentale cambio nella strategia diplomatica USA in Asia, frastornando i partners tradizionali Cina e Pakistan.
India needs a lot of energy. India does not have finance. The Nuclear Power Corporation of India doesn’t have that kind of funds. Mostly, reactors come with credit as the Russians have given us in Kudankulam near Chennai. We have one type of reactors (pressurised heavy water reactors), now other types of reactors (light water reactors) can be imported. We need them if we want to increase our energy production.
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