I superstiti Katuwal che annunciano con gran botte sui tamburi le notizie più importanti nei villaggi potranno gridare fra le case che il Nepal ha un governo, dopo quattro mesi dalle votazioni. Un tempo erano scelti fra i Dalit e pagati dalle comunità oggi, i moderni katuwal, sono privilegiati che lavorano nei canali televisivi o radiofonici. Quelli di Nepal One Television (una delle peggiori) potrà, finalmente, rivolgersi al nuovo governo invece che all’onnipotente Ambasciata Indiana (con sit-in e incontri con l’ambasciatore) per essere sostenuti nella loro vertenza sindacale.
Oggi, finalmente, l’Assemble Costituente ha eletto il nuovo Capo del Governo e, logicamente, è il “Supremo” leader maoista Pushpa Kamal Dahal. Il Congresso all’opposizione.
Anche lui come Koirala (che finalmente ha lasciato l’ufficio di Baluwatar), il rivale proposto dal Congresso Deuba (uno dei principali responsabili dei disastri del Paese), il N.2 maoista Bhattarai e gran parte della classe politica e burocratica nepalese è un bramino, appartenente al gruppo castale di origine indiana sparso in tutto il Nepal che, un tempo, era la casta sacerdotale, unico tramite fra gli dei e gli uomini.
Oggi possono essere contadini, possidenti terrieri, insegnanti, commercianti, poveri o ricchi, ma considerati, specie nei villaggi con rispetto. Anche in Nepal, progressivamente, le divisioni castali sono fatte dal denaro più che dalla tradizione.
Quando entrò in clandestinità e divenne segretario del Communist Party of Nepal (Maoist) si fece chiamare Prachanda (traducibile come il Determinato). Il leader , oggi 54 enne, studiò fino a prendere il Bachelor of Science and Agricolture in un istituto di Chitwan dove visse.
La sua storia è simile a quella della gran parte dei quadri maoisti: sono giovani che hanno studiato, vivono nei villaggi e non hanno alcuna prospettiva di futuro se non scappare dal Nepal. Sono stanchi della mancanza di opportunità, della corruzione, nepotismo e ipocrisia dei governanti di Kathmandu. Sentono di valanghe di soldi provenienti dagli aiuti internazionali che giungono in Nepal e si fermano nella capitale e niente arriva nei villaggi dove mancano strade, elettricità, ospedali, futuro. Per i contadini, finiti i lavori nei campi, non resta che annichilirsi nel rakshi (vino fermentato di mais o riso) o rovinarsi con il gioco d’azzardo. Le donne sono super-sfruttate e senza diritti. Situazioni di estrema povertà, aumentata dal progressivo venir meno del sistema tradizionale che, con i suoi limiti, imponeva regole, etica e rapporti sociali.
Povertà e arretratezza sono più evidenti nel Nepal delle colline e in quello occidentale che, infatti, sono le roccaforti dei maoisti. L’Esercito Popolare ha raccolto questa disperazione e la voglia di rivincita di tanti ragazzi e ragazze. Il movimento maoista ha ridato loro obiettivi e speranze ma, anche, l’ideologica sicurezza di essere “i Giusti”.
Tradotto nel diritto impunito ad esercitare violenze, processi sommari, uccisioni ingiustificate, richiedere donazioni e cibo. Questo era il clima creato nei villaggi durante il conflitto (di cui sono stato testimone) ma, parallelamente, vi è stata l’introduzione di una rigida morale, applicata a loro stessi e nelle zone da loro controllate (divieto di alcol e droghe, di rapporti extramatrimoniali, di usura, prostituzione, violenza alle donne e mogli, etc.).
Prachanda è stato il capo carismatico della rivolta, durissimo a sedare ogni dissenso interno, come quando espulse dal Partito l’attuale numero 2 Bhattarai che lo accusava di centralismo e decine di altri militanti.
L’attuale domanda è se il carisma costruito in 10 anni di guerra e rappresentato dal suo faccione sulle magliette e sulle bandiere dei militanti, resisterà alla gestione del potere. La risposta a questa domanda è fondamentale perché non riemerga una guerriglia di delusi che rimetterebbe in gioco pace e stabilità.
La prima impressione, secondo gli amici nepalesi, è che tutte le principali cariche dello stato sono state occupate da politici del Terai e che il ruolo d’interdizione dei Mahadeshi (fondamentali i loro voti per ogni elezione) è ulteriormente rafforzato dalla carica di ministero degli esteri che hanno ottenuto nelle trattative. Ora Prachanda dovrà gestire anche le loro richieste politiche dirette a formare una super-regione, autonoma nel sud del Nepal. Proposta osteggiata, anche con dimostrazioni violente dalle altre etnie coinvolte.
L’altro partito fondamentale della coalizione è l’UML (comunisti moderati) che sono stati schiacciati a sinistra dai maoisti durante le elezioni, pestati e allontanati dai villaggi e costretti a costituire una Youth Force, in costante lotta fisica con i giovani maoisti (negli ultimi giorni risse costanti nelle strade per la vertenza sindacali nei Casinò). I rapporti tesi e la concorrenza politica sono stati addolciti dall’offerta maoista (rifiutata durante le elezioni presidenziali e causa della rottura degli accordi) del ministero degli interni all’UML. Per loro inizierà una lotta per assicurarsi visibilità e non essere fagocitati. Altri 18 piccoli partiti hanno votato per Prachanda e il suo compito maggiore, tradizionalmente, sarà mantenere insieme la coalizione.
Accampati sulle rive dell’insano fiume sacro Bagmati, sono scesi da ogni parte del Nepal centinaia di contadini, insegnanti, artigiani a cui i maoisti, durante i 10 anni di guerra, hanno sequestrato campi, case, ucciso o ferito famigliari, perso il lavoro. Hanno protestato nelle strade della capitale per ottenere indietro il maltolto e adeguati compensi. Per adesso hanno ottenuto solo bastonate dai poliziotti, al pari dei più pubblicizzati tibetani.
Gli strascichi del conflitto che il nuovo governo deve affrontare s’allarga allo status dei combattenti maoisti (People Liberation Army) che ancora stazionano, almeno quando l’inutile UNMIN li và a contare, in appositi campi. Il nuovo ministro della difesa, fermamente voluto dai maoisti, dovrà superare l’opposizione del Congresso per cui “the national army forms the last line of defence against Maoist moves to turn Nepal into a hardline Communist republic”, dagli alti gradi dell’esercito che non vogliono inquinamenti e della logica per cui il Nepal non può permettersi un esercito di 90.000 soldati + almeno 30.000 maoisti.
Il Congresso, abituato alla fluidità della politica nepalese, attende all’opposizione che i maoisti si arrendano alla complessità della gestione del potere e dell’economia che dovrebbe essere la priorità del nuovo governo come chiede la gente in grave difficoltà. Insomma, un gran lavoro per Prachanda.