Qualcuno si annoierà e i sonni di sostenitori a distanza e di sponsors saranno, spero, un pò turbati. Ma mi tocca tornare sul tema ONLUS (è ormai il 5° posts sull’argomento). E’ iniziata una specie di caccia al tesoro per identificare l’organizzazione di cui stiamo vedendo bilanci e attività. Ricordiamo che tutto è partito dalle segnalazioni giunte dal Nepal e relative al progressivo affossamento di progetti e organizzazioni locali che, fatto raro, stavano lavorando con serietà, professionalità e dedizione. Un lavoro che durava da anni, in aree disagiate, durante il conflitto per utilizzare al meglio, per i beneficiari, i denari provenienti da migliaia di famiglie italiane.
Abbiamo visto che la ragione dell’affossamento è semplice e, purtroppo, abbastanza generalizzata nel settore: il fatale incontro fra incapacità, sprechi e formalismi. Nel frattempo mi ha scritto Francesca, una ragazza che ha collaborato con l’Associazione di cui ho parlato nei posts precedenti. La poverella ha avuto una triste esperienza durante uno stage (idee poche ma confuse da parte dello staff italiano nel paese) e, visto che non c’era niente da fare se n’è andata a fare un bel trekking. Esperienza bella ma stage inutile.
Ragazza precisa, puntualizza: tu hai riportato il loro Bilancio 2007, in cui scrivono che hanno speso in Oneri diretti (cita il Bilancio: “riguardano principalmente il costo delle campagne nazionali di distribuzione volantini effettuate nei mesi di novembre e dicembre 2007”) la bella cifra di oltre euro 473.000 (15% dell’intero budget dell’Organizzazione) e che, grazie a questa campagna “durante l’esercizio 2007 il numero delle nuove adesioni è stato di 1.775 unità” (e cita il post del 18 settembre); il costo è stato di euro 226 per ogni ogni nuovo sostenitore che però versa in media euro 170 (all’anno). Per cui, scrive impietosa, hanno fatto un bel investimento a spese dei sostenitori e dei beneficiari, con una perdita secca di euro 160.000.
Inoltre mi segnala “ guarda che le ONLUS (come quella descritta) che aderiscono al Forum SAD (http://www.forumsad.it/) non avrebbero bisogno di tante certificazioni ISO, costose da aziende private (anche lei condivide l’inutilità), ma basterebbe che rispettassero il Codice Etico sottoscritto nel 2000 da 82 Organizzazioni del settore (fra l’altro l’organizzazione di cui parliamo è stata fra le promotrici).
E mi cita dal testo disponibile sul sito: Le Organizzazioni si impegnano con i Sostenitori:
– a esplicitare quale percentuale viene utilizzata per le spese di gestione e di ogni altro genere,
– ad attivare tutti gli strumenti possibili per contenere al minimo le spese e a inviare ai beneficiari almeno l’80% dei fondi raccolti per i progetti SAD (Sostegno a Distanza).
Consiglio di andare sul sito a vedere i bilanci delle organizzazioni aderenti perché ognuno si renda conto del divario che spesso esiste fra forma e sostanza.
Ma Francesca è impietosa e scrive “sai perché nel bilancio 2007 (depositato a giugno 2008) questa ONLUS ha inviato nei paesi sostenuti solo il 55% dei fondi raccolti (e aggiungo io il 30% sono stati spesi per stipendi e struttura in Nepal: vedi post del 16 settembre) perché ha il personale pagato come l’Alitalia”
Esagerata, ma poi leggo:
Segretario Generale (come il vecchio PCUS): euro 3000 al mese x 14 mensilità (che con i contributi fanno oltre 90.000 euro annui)
Direttore ufficio euro 2200 al mese X 14 mensilità (altri euro 60.000)
E poi altre 6-7 persone più una decina di consulenti (formazione, marketing, fundraising, comunicazione, certificazione, etc.) Aggiungiamo telefonini gratis, buoni pasto; viaggi su e giù per i paesi (anche per qualche membro astuto del CDA, pagato come consulente) e si spiega tutto.
Visto che due direttori non bastano, aggiunge Francesca, stanno prendendone un altro per controllare i progetti; la maligna aggiunge “chissà quali” ( e via altri euro 70.000 annui). Io ho mandato il curriculum ma, come in altri casi, prenderanno amici degli amici.
Adesso capisco perché in Nepal pagano salari da nababbi a 22 funzionari (vedi post del 7 settembre) spendendo così euro 150.000 sui 350.000 a disposizione per progetti a favore dei bambini. Lo fanno per favorire la partnership.
Insomma per gestire circa 3.5 milioni di euro (una piccola azienda) sono impiegati con stipendi o consulenze (fra i 2000 e i 3000 euro mensili) circa 20 persone in Italia e una decina all’estero (oltre un centinaio di personale locale).
Si capisce anche perché sono stati costretti a tagliare le integrazioni alimentari giornaliere da Nrs. 2.5 a Nrs. 1 (Euro 0,1) a 800 bambini degli asili, a licenziare 15 insegnanti, a non distribuire più materiale didattico a 5000 bambini e a non finire la scuola elementare di Chapakori. Fra certificazioni ISO, direttori, consulenti, Country Directors e Deputy Country Directors bisogna risparmiare. Soluzione “certificata ISO”: togliamoli a chi ne ha bisogno.
Credo che sia sufficiente far pervenire i bilanci o specifica denuncia alla guerdia di finanza la quale provvederà a compiere i relativi accertamenti e, in caso, irrogare le giuste sanzioni.
Roberto
Non ci sono norme o leggi che stabiliscano come una ONLUS deve spendere quanto riceve, basta che tutto sia formalmente in ordine (fatture, decisioni del Consiglio Direttivo, etc.)
Nel caso specifico se il Comitato Direttivo decide (mettendolo nello statuto dell’organizzazione) che può erogare consulenze a un membro dello stesso non viola nessuna legge, formalmente anche se essendo un ‘organizzazione no-profit gli amministratori non dovrebbero, eticamente, ricevere compensi.
Lo stesso è se decide di spendere il 55% di quanto donato per spese di struttura in Italia, l’ammontare degli stipendi, degli affitti, etc. Tanto meno nessuno può intervenire sulla qualità della spesa per i progetti cioè se servono o no ai beneficiari o se sono solo training, riunioni inutili, investimenti sbagliati.
L’unica forma di autoregolamentazione che le ONLUS si sono date (sulla carta) è quella prevista dal Forum del Sostegno a Distanza (SAD) cioè, come ho scritto (post 5 ottobre) il Codice Etico che invita a mandare nei paesi almeno l’80% di quanto raccolto. Rimane ai donatori verificare e cambiare se valutano negativamente le attività e l’uso dei fondi.
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