Nepal: economia reale

Ring Road è un anello circolare che chiude la Kathmandu degli anni’80, poi cresciuta a dismisura anche oltre la strada. Sono i quartieri periferici della città Kalanchi, Satbado, e altri dove nel 2006 partì la rivoluzione contro re Gyanendra. Lungo questa strada, negli ultimi anni, file di venditori che stendono per terra un incredibile quantità di merci cinesi, occhiali, abbigliamento e altre cianfrusaglie; importate dai “turisti” cinesi (oltre 20.000 all’anno e in costante crescita) e dai tradizionali commercianti con il Tibet. Fra pile di giacca a vento colorate o esposizioni di occhiali, troviamo i contadini che scendono dalle colline con qualche testa d’aglio, un po’ di radici di zenzero, carotoni immensi e li depongono su uno straccio in attesa di acquirenti.
Questi mercati, che progressivamente si sono estesi anche alle vie più centrali, sono sui marciapiedi o fra i pochi metri di terra che separano la strada dalle case. Macchine, camion, bus passano a pochi centimetri dai mercanti riempendoli di fumo. Gli autisti vorrebbero schiacciarli perché gli impediscono manovre e contorcimenti per saltare le code perenne ai chowk (incroci); infine, è intervenuta la polizia per farli sgombrare.
Nessuno si chiede cosa farà questa gente se non potrà vendere le sue carabattole e creare un po’ di economia informale, come è definita.
Nella parte meridionale di Kathmandu, lungo il fetido Bagmati, si contano ben 47 slums che contengono oltre 14.000 persone, scappati dai villaggi per il conflitto, la povertà, l’usura, la speranza di maggiori guadagni. Anche qui un economia informale fatta di raccolta di metalli, plastica, attese per un carico da trasportare.
Ad Asan Tole, nel pieno centro antico, nascosto fra case fatiscenti c’è il piccolo stupa di Bodhaiti, il mercato delle granaglie, dove i portatori attendono i commercianti per trasportare sacchi di riso e di farina.
Nei giorni scorsi, prima del Dashain, s’era aperta la borsa delle capre nelle perpendicolari alla trafficata Putali Sadak.
Poi, ovunque, venditori i strada di tè per gli uffici pubblici e privati, friggitorie improvvisate, torme di ragazzini stracciati che vagolano da un ufficio all’altro con cestini pieni di bicchieri di dudh cha (tè al latte).
Nel resto del Nepal le 500 industrie del corridoio industriale di Sunsari Morang, acque e aria fra le più inquinate del paese, stanno soffrendo per le inondazioni dei mesi passati, gli scioperi degli indipendentisti del Terai, la crisi delle produzioni del tessile e del chimico esportati in India.
Per cui minacciano la chiusura, oltre che per queste ragioni, anche Against current wages of Rs 125 per day, the Federation of Nepali Chamber of Commerce and Industries (FNCCI) had suggested a new rate of Rs 160 a day while the government has fixed the new wage rate of Rs 190 per day for the industrial workers of the Sunsari-Morang corridor. Si parla di un salario giornaliero minimo che dovrebbe passare da euro 1,2 a 1,8.
Questa è l’economia reale che arriva con le tazze di tè portate dai bambini nel palazzetto rosso che ospita l’irreale NEPSE, la Borsa nepalese. Qui sfilavano i nuovi ricchi, finanziati dalle rimesse degli emigranti, dai prestiti internazionali (veicolati ai protetti dai vari governi), dalle rendite della cooperazione internazionale.
La Borsa, infatti, ha preso il via nel 1993 (uno dei periodi di maggiore corruzione del Nepal dopo il ritorno dei partiti al governo) ed è stata automatizzata (aumentando notevolmente gli scambi e il numero delle società quotate) nel 2007 (secondo ritorno dei partiti al governo e aumento dei finanziamenti internazionali). Prima venivano scambiate qualche azione della Biratnagar Jute Mills e della Nepal Bank scrivendole su enormi libroni.
Il NEPSE soffre e specula in alternanza come il resto del mondo dopo il botto, ha 173 aziende quotate di cui solo 24 industriali, il resto banche, finanziarie e assicurazioni.
Il regno di Maya (l’Illusione), dove entrano rupie stracciate e sporche passate da mille mani di lavoratori e si trasformano in numeri su uno schermo.
Quando la gente cerca di rientrare in possesso di quelle rupie potrebbe accadere come in India dove On Wednesday, when a wealth manager tried to redeem a couple of ABN Amro Fixed Maturity Plans (FMP) because her client was panicking over the current market conditions, she was told that she could not take out more than Rs 1 lakh (circa euro 1500) per day. For her client, who wanted to redeem more than Rs 10 lakh, this meant he would have to stagger the redemptions every day for ten days, even if the scheme’s price keeps falling. (Times Of India 16\10),
Il prossimo Diwali (la Festa delle Luci e della Dea del Benessere Lakshmi) si profila poco brillante, i negozianti stimano un calo degli acquisti del 40%. Forse per questo stanno scacciando i venditori di strada, più economici.
Su tutto si muove la politica; qui in Nepal sono di moda i Tea Party dove governo e opposizione s’incontrano e discutono di questioni vitali per la gente: il partito maoista cambierà nome, si farà o no una People Repubblic, qualche ex combattente maoista sarà o no integrato nell’esercito. Tutte questioni che fino a pochi mesi fa erano indiscutibili e che stanno facendo indiavolare gli esponenti più radicali.
Dopo il viaggio dei due leaders supremi maoisti Prachanda e Bhattarai in USA sembra che ci sia una ulteriore virata moderata dei maoisti o, forse, la comprensione che se si vuole una fetta di torta bisogna fare i bravi.
Si attendono, infatti, USD 34 miliardi in tre anni chiesti alla World Bank e altri chiesti alle UN che saranno vincolati a The major condition includes corruption control and good governance, scrive il Kathmandu Post del 13\10.
C’è da ridere come quando si leggono i Patti Chiari delle banche italiane.

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