Pashupatinath, Il quinto Dham e i suoi tesori

L’India è protetta da quattro Dimore degli Dei (dham), poste ai quattro punti cardinali.
Il sereno Vishnu preservatore dell’equilibrio cosmico, il suo avatara l’amabile Krishna, Shiva, che fra i fumi della cannabis, riforgia mondi e pensieri. I Protettori di Bharat risiedono in questi luoghi sacri che ogni fedele hinduista deve visitare per cancellare i peccati di questa vita e raggiungere il Moksha, la liberazione dall’interminabile ciclo delle morti e rinascite.
Badrinath fra le montagne del Garhwal ospita Vishnu, in una splendida valle a 3000 metri fra alti picchi e laghi caldi. Qui Adi Shankaracharya, il riformatore dell’hinduismo dell’VIII secolo, meditò per dare nuova vitalità alle antiche scritture dei Veda e delle Upanishad.
Dwarka, sulle coste del Gujarat, divenne il regno di Krishna quando fuggì da Mathura dopo aver ucciso il tiranno Kamsa, racconta il Mahabharata. Alcuni templi risalgono a oltre 2000 anni orsono, quando il Dio era ancora Vasudeva, l’unica divinità delle tribù Yadava, sposato con la principessa Rukmini. Il tempio  Jagat Mandir ricorda questa storia.
Rameshwaram,  la Varanasi del sud, un isola sulla punta estrema del Tamil Nadu dove Hanuman pose un linga donato da Shiva. Un altro fu modellato da  Sita e Rama con la sabbia dell’isola. Un antico ponte di pietra (Ramasethu), riscoperto dai satelliti, giace in fondo all’oceano e la leggenda racconta che collegava l’isola a Sri Lanka.
Puri, in Orissa, sulle spiagge sacre viveva Jagannath,  Balabhadra e Subhadra (fratello e sorella). E’ Krishna rappresentato come Signore dell’Universo, ricordo di quando il suo culto era potente in tutta l’India. Fede che si ripete tutti gli anni durante il monsone quando il carro delle divinità esce dal tempio spinto da migliaia di fedeli (Rath Jatra).
Pashupatinath è la dimora di Shiva, Signore dei Greggi e Gran Pastore dell’umanità. Tramite il sentiero tantrico, Shiva Signore dell’Himalaya, distrugge gli istinti animali e negativi e libera (pati) lo spirito dei fedeli.
Fra i templi antichissimi (e chiusi ai non hindu) scorre il fiume sacro Bagmati (oggi putrido) dove i fedeli purificano i peccati e i defunti iniziano il viaggio verso il sacro Ganga. In questi giorni si è celebrata una Mahotsav e migliaia di pellegrini hanno ballato, cantato e recitato antiche scritture. La statua di Shiva è uscita dalla sua pagoda dorata e lavata con le acque dei fiumi sacri dell’India.
Decine di migliaia di pellegrini salgono già ogni anno dall’India per venerare questo luogo sacro, con il massimo afflusso durante la lunga notte dello Shiva Ratri
L’obiettivo della festa di questi giorni, scrive il Kathmandu Post (17-10) è to establish international identification of Pashupatinath temple, one of the biggest sanctity of Hindus, and to promote religious tourism. Gli strateghi dell’anemico turismo calcolano che se Pashupatinath diventerà il quinto Dham fluiranno in Nepal 500.000 turisti indiani all’anno, la metà dell’obiettivo utopico (simili ad altri indicati dal governo) fissato per il 2011 cioè 1 milioni di turisti (attualmente sono 300.000). I politici si sono presentati in forze all’apertura e alla chiusura della festa.
Come è tradizione in Oriente sacro e profano si mischiano. Ed ecco, (tanto per aiutare a diffondere la santità del luogo) rispuntare la polemica sul tesoro di Pashupatinath, raccolto nei secoli grazie alla devozione dei fedeli. Nella sala del tesoro del tempio, si racconta, ci sono perle rarissime (nagmani), oggetti d’oro e argento, statue, e un grandissimo e raro diamante fatto valutare nel ‘46 a Londra. Oltre che denaro a montagne.
Il tesoro è gestito da un gruppo di sacerdoti nepalesi (il Guthi, antica istituzione nepalese simile alla parrocchia) e indiani (Bhatta). Già nel 2005 era esplosa una polemica quando  durante l’annuale Balachaturdasi (auditing comunitario), i sacerdoti avevano dichiarato un reddito annuo del tempio di USD 3000, considerato, dai più, un centesimo delle reali entrate.
La polemica si è riaperta in questi giorni di celebrazioni e di riassestamento del potere per il controllo del tempio. Ai 5 Bhatta e i 108 Bhandari, gli attualii gestori del tempio, è stato chiesto di prendersi un salario e di limitarsi a gestire le funzioni e a recitare giornalmente sei ore di mantra tantrici.
I tesori, chiedono i membri del Pashupatinath Area Development Trust (PADT), dovranno essere gestiti da loro, cioè dai partiti. Il PADT è già stato responsabile dei permessi concessi per la nuova strada che taglia il complesso di templi, per le numerose nuove costruzioni private costruite ovunque, e per l’incuria in cui versa l’inquinatissimo fiume Bagmati. Come spesso accade non si sa dove sia il peggio.
I cinque Bhatta sono sacerdoti provenienti, da sempre, dall’India del sud; un tempo nominati dal re e verso di lui responsabili, i Bhandari sono bramini nepalesi (membri del Guthi) che si passano l’incarico da padre in figlio. Il gran capo è il Mul Bhatta che sovrintende alla gestione delle ricchezze del tempio che sono destinate ad essere utilizzate per salvare il Nepal quando piomberà nelle disgrazie del Kali Yuga. In realtà parte di questo tesoro è stato utilizzato per restaurare parte del complesso negli ultimi anni anche se si racconta di sacerdoti proprietari di hotels e terreni in Nepal e India.
La mia impressione è che il gruppone di sacerdoti, protetti dal sovrano e dalle minacce di scatenare l’ira delle divinità non se la sia passata male nel corso dei secoli.
La fine della protezione reale ha reso i membri del PADT (nominati dai politici) più determinati. The tradition of keeping precious items and wealth in store forever should be ended, some of it needs to be kept in a museum with high security, and other valuables should be utilised for generating income in the light of the changed context, dice uno dei membri Narottam Vaidya.
Per non destare facili sospetti, aggiunge, The temple can establish a university and a hospital on its own and generate income like some rich Indian temples do.

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