Ieri una bomba nel mercato della città di confine di Peshawar uccide più di 30 persone impegnate nelle ultime compere per celebrare la festa musulmana dell’Eid-ul-Azha. Il Pakistan continua ad essere frantumato da ripetuti attentati. Gruppi tribali, faide fra sciti e sunniti, volontà di radicalizzare lo scontro da parte delle bande afghane: tutto può essere.
L’India non aiuta (o non si fida) del moderato Primo Ministro Yousuf Raza Gilani che vorrebbe provare a mettere a posto il paese e a ridurre il potere dei gruppi radicali all’interno dell’esercito e del servizio segreto (ISI).
“Diplomazia negativa” diretta a indebolire il governo e lo stato pakistano. The only purpose that seems apparent in the attempt to plant the story is that the credibility of the president, the prime minister and the government is undermined. Once this purpose is achieved it become easier to shift the blame on the Inter Services Intelligence (ISI) that it was involved in the Mumbai affair and that since the government is not in control therefore it has no clue of the things happening right under its nose. (scrive dal Pakistan The Post di ieri). Così è letto “l’affaire” della telefonata, confermata dai pakistani e smentita dagli indiani, giunta dal Ministro degli Esteri indiano Pranab Mukherjee che ha minacciato un attacco armato.
Fonti diplomatiche anonime rivelano che l’India (con l’appoggio USA) ha posto un ultimatum (smentito dai pakistani) secondo cui il Pakistan ha 48 ore (di cui 24 già passate): to arrest and hand over LeT commander Zakiur Rehman Lakhwi and former chief of Pakistan’s spy agency Inter-Services Intelligence (ISI), Hamid Gul, in connection with the probe into the Mumbai carnage. Il Lashkar-e-Taiba (LeT) o meglio il suo braccio politico Markaz-ud-Dawa ha dichiarato la sua estraneità ai massacri ed è un ‘istituzione religiosa, sicuramente estremista, ma popolare in Pakistan e nel Kashmir dove si formò 20 anni orsono.
Perché l’India sta mettendo, almeno, a parole il Pakistan in un angolo è una politica razionale o pericolosa?
Chiedo agli amici di Mumbai. La loro risposta è univoca: l’India esercita pressioni per uso interno, il governo deve placare i partiti estremisti hindu e distogliere l’opinione pubblica dai colossali buchi dei servizi segreti non in grado (malgrado gli ingenti fondi stanziati) di prevenire la catena di attentati dell’ultimo anno. Infine, annacquare la sensazione diffusa che i terroristi di Mumbai hanno goduto, cio è quasi certo, di appoggi logistici da parte di gruppi estremisti indiani.
Da Mumbai mi ricordano che mettere il Pakistan, paese ufficialmente musulmano, alla corda significa indebolire il governo moderato di Gilani, rafforzare i duri dell’ISI, coagulare gruppi nazionalisti e religiosi spesso separati, rinforzare il concetto di Jihad. Mi ricordano le difficoltà incontrate dal governo indiano a bloccare e a reprimere i gruppi oltranzisti hindu in Orissa e come sia altrettanto difficile per un governo musulmano contrastare i gruppi estremisti islamici.
La loro speranza è che questa “diplomazia negativa” sia solo la superficie di una sotterranea azione diretta a forzare il Pakistan perché siano rafforzati i coordinamenti e le azioni comuni contro i gruppi terroristici che colpiscono, comunque, entrambi i paesi e che hanno radici e finanziamenti nella guerra afghana.
Si spera che la stessa strategia stia muovendo Bush che ha minacciato di inserire il Pakistan fra gli stati canaglia (dopo che il padre finanziò il Lashkar-e-Taiba in chiave anti-sovietica) se aderirà alle richieste indiane.
Tutti pensano che, con qualche soluzione di compromesso, il Pakistan inizierà a collaborare concretamente data la sua dipendenza dagli aiuti militari americani e la situazione interna d’alta insicurezza a causa del conflitto afghano.
Nell’opinione pubblica pakistana (specie in quella meno occidentalizzata e più povera) la gestione di questa crisi, fatta di minacce ed ultimatum, è destinata a creare ulteriore risentimento verso l’India e gli USA (che l’hanno appoggiata). E’ di poche ore fa la notizia che truppe pakistane hanno attaccato e smantellato un campo di militanti nel loro Kashmir).
La gente comune, in Pakistan, aggiunge alla questione del Kashmir (dove Lashkar-e-Taiba iniziò ad operare) , le conseguenze negative sull’economia e il terrore diffuso derivante dall’essere in prima linea nella guerra voluta dagli USA in Afghanistan.