Rape of India, l’arte contro il terrore

rapeofindiaSono un pittore e posso esprimere la mia rabbia solo attraverso l’arte. Così spiega il suo nuovo quadro esposto a Londra il 93 enne pittore indiano di fede musulmana Maqbool Fida Husain, fra i fondatori del Progressive Artists Group, che tenne la sua prima mostra a Bombay nel 1947 e considerato il Picasso indiano (anche come quotazioni).
Il nome dell’opera dice tutto Rape of India (Lo stupro dell’India) e rappresenta la disperazione, rabbia e frustrazione della gente di Mumbai dopo l’ultimo attentato Lì viveva anche Husain prima che gli integralisti hindu lo obbligassero all’esilio (vedi post).
Torna alla mente l’epico e popolare poema indiano del Mahabharata dove anche allora combattevano fratelli.

Il Governo pakistano di  Zardari  ha reagito alle pressione indiane, come previsto, con azioni limitate contro il gruppo Lashkar-e-Taiba, quasi sicuramente non spedirà in India gli arrestati e cercherà di evitare il crescere delle tensioni con l’esercito (nazionalista e offeso dalle minacce indiane) e che con la moltitudine dei gruppi islamici più oltranzisti che influenzano parte dell’opinione pubblica. Chi gongola sono i terroristi islamici sparsi fra Afghanistane, aree di confine pakistano e Kashmir che sperano nel diffondersi, fra tensioni, minacce, scontri religiosi, la loro Jihad sia in Pakistan che in India.

Le attività d’indagine cercano di far confluire prove e confessioni sulla matrice pakistana con le inevitabili controaccuse e smentite. “If there is evidence (of terror activities) we will take action,”  ha dichiarato oggi il ministro degli esteri pakistano Qureshi, riferendosi al gruppo islamico  Jamaat (inserito nella lista dei gruppi terroristici dalle NU). “They’re running schools, hospitals, dispensaries… but if this organisation or elements in it are getting into a mode of violence, then authorities will take action. He also rejected Indian accusations that Pakistan was the “epicentre of terrorism” and accused some Indian leaders of using it as a convenient scapegoat for their own political agendas.Conclude l’articolo del Times Of India.

Più saggio è stato il Primo Ministro indiano Manmohan Singh che ha chiesto scusa ai suoi governati per i buchi dei servizi segreti. Ha, forse, iniziato a guardarsi in casa  e ai limiti della politica  indiana che non è riuscita ad intervenire o risolvere questioni fondamentali per la sicurezza indiana quali il Kashmir,  il controllo dei confini con Nepal e Bangladesh e la gestione delle crisi regionali interne.

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