La mancanza di elettricità sta facendo aumentare le nascite, riferiscono gli ospedali cittadini e preannunciano un baby-boom quest’anno. Senza televisione, computers, telefonini, e videogiochi le coppie si sono avvicinate.
Si stanno riparando i piloni nel Terai (distrutti dall’alluvione di agosto) recuperando 60MW. Ha preso il via l’impianto idroelettrico sul fiume Marsyangdi, nella splendida valle che porta al Manaslu, aumentando la produzione elettrica di 48MW. Serve ancora molta elettricità per assicurare il fabbisogno minimo per cittadini ed industrie e iniziare a sfruttare l’enorme potenziale idroelettrico calcolato in 42.000 MW di cui oggi prodotti solo 300 (ne servirebbero 770).
La gente ha imparato a vivere senza elettricità (14 ore al giorno circa), dimostrando che è possibile organizzarsi anche senza servizi primari. Atteggiamento che rientra nella culturale e tradizionale accettazione che rende l’Asia piacevolmente statica. Qualcuno, però, ha fatto i conti su questo progetto idroelettrico finanziato dai precisissimi tedeschi.
Per costruire la centrale sono serviti il doppio degli anni previsti (8 anni) e più del doppio dei soldi (da 130 a 233 milioni di euro). Purtroppo adesso, come sempre, inizia a mancare l’acqua nei fiumi e nelle case fino al prossimo monsone e anche gli impianti idroelettrici producono meno e due centrali private sono saltate; una (Indrawani) bloccata dagli abitanti che dicono la centrale è nostra e non vogliamo dare in giro l’elettricità, vogliamo guardare Indian Idol 4 senza tagli.
Il bottone che fece partire la centrale sul Marsyangdi fu schiacciato, a dicembre, dal Primo Ministro PKD (Pushpa Kamal Dahal) che è stato uno dei responsabili dei ritardi nella costruzione, bloccando i lavori e chiedendo donazioni, durante gli anni del conflitto. Allora minacciava disastri e accusava i gestori del progetto di corruzione e non aveva tutti i torti perché il raddoppio delle spese è finito nelle tasche della nomenklatura nepalese (e non solo). Ormai però tutto è fatto, perché cercare i colpevoli e, come insegna l’antica scienza della politica italiana, oggi a me domani a te.
Del resto Eighty percent of the world’s governments fail to provide adequate information for the public to hold them accountable for managing their money, according to the Open Budget Index 2008. Il Nepal ha un indice di 43, la Cambogia di 11 (su un massimo di 100) (l’Italia non è stata valutata, forse è meglio così).
Il caso della centrale sul Marsyangdi ripropone la grande questione degli aiuti internazionali e del loro utilizzo. Se ne fa un gran parlare nel 2005 è stata addirittura fatta una la Dichiarazione di Parigi sull’efficacia degli aiuti, oltre 100 Paesi donatori e partner si sono impegnati a organizzare in modo più efficace la cooperazione allo sviluppo. Alla revisione di tali accordi è dedicato il vertice di Accra (Ghana nello scorso settembre) ancora riga di chiacchiere e dichiarazioni d’intenti. Si rilevano i problemi (100 miliardi di aiuti internazionali si perdono nelle melme burocratiche e corrotte dei paesi donatori e riceventi). Poi il solito scaricabarile “ corruzione e sprechi soprattutto nei Paesi dell’Africa riducono l’efficacia degli interventi“. Ma se ci sono corrotti, che ogni tanto saltano fuori, ci saranno anche corruttori (protetti dalle mafie delle organizzazioni internazionali) che avranno dei vantaggi e maggiori responsabilità, visto che fanno girare i soldi
A questo proposito ieri grande spolvero di falci e martello (sarebbe da organizzare una gita, se si mettessero d’accordo almeno sugli orari, dello spezzatino di sinistra italiana) per il mass meeting del Partito Comunista nepalese (UML) che cerca di riacquistare visibilità e presenza. Nelle ultime elezioni è stato il grande sconfitto perdendo il 10% dei consensi. La sua presenza, un tempo forte nei villaggi delle colline, è scomparsa e il suo ruolo attuale nel governo appare ancora subalterno, malgrado parole e minacce, ai maoisti mentre l’opposizione è monopolizzata dal Congresso che sta riguadagnando parte dei consensi perduti. L’UML, nel decennio del primo multipartitismo (1990-2002) è stato uno dei protagonisti della stagione d’instabilità e di corruzione che ha sfasciato il paese e, giustamente, gli elettori l’hanno punito.
Sul palco belli grassi, una sfilza di brahmini (bhaun), chetri, newari che alla faccia della fine del feudalesimo e alla cacciata del sovrano continuano a malgovernare il paese. Un po’ come in Italia anche se le caste, lì, non sono sempre determinate dalla nascita ma dalla capacità di servire fedelmente.
Una bella notizia il mandarino Ian Martin, uno dei capi della cupola delle NU, gran spendaccione (delle nostre tasse) e principale creatore di disastri post-conflitto, se n’è finalmente andato.