I cervelloni della World Bank hanno pubblicato il loro annuale World Development Report (WDR) giungendo a due brillanti scoperte: la crescita economica ha aumentato il gap fra ricchi e poveri all’interno dei paesi e fra i diversi paesi; i vari stati dovrebbero avere economie integrate per favorire uno sviluppo maggiore e duraturo.
Le proposte: aumentare le comunicazioni, infrastrutture, accordi regionali, etc. Tutte questioni note dall’indipendenza americana nel 1776. L’apparentemente svampita Susan Goldmark, (World Bank Country Director in Nepal) ha presentato con orgoglio queste scoperte, tralasciando che la WB ha sperperato miliardi di euro in giro per il mondo, con progetti faraonici, ristrutturazione economiche sbagliate, sempre focalizzate sui singoli paesi. Comunque, qualcuno ha dormito ma, alla fine, giù applausi anche se le massime autorità finanziarie mondiali WB e Fondo Monetario sono fra i maggiori responsabili del botto finanziario che stiamo vivendo.
Per rimanere nel bel mondo delle banche, ricordando il vecchio slogan del ’68, cosa è il furto in una banca rispetto alla creazione della banca stessa, mai così di moda, desta più attenzione il Rapporto di Global Witness.
Già il titolo è interessante “Undue Diligence: How banks do business with corrupt regimes,” e racconta come how by doing business with dubious customers in corrupt, natural resource-rich states,banks are facilitating corruption and state looting, which deny these countries the chance to lift themselves out of poverty and leave them dependent on aid. Quindi, la stessa assenza di regole che ha fatto prosperare, fino all’attuale crisi, il sistema bancario (e i suoi protettori politici)ha facilitato il furto dei proventi delle risorse naturali nei paesi più poveri.
Anche in Nepal non si e scherzato quando milioni di rupie sono viaggiate da banche a prestanome di politici, spesso legati alla corona, e non sono mai tornate indietro. Qualche fallimento e un po’ di gente che s’è rifugiata all’estero, qualcuno ben protetto. Tanto ripiana tutto lo stato.
Il Rapporto ci fa fare un viaggio in Guinea Equatoriale, Congo, Gabon, Liberia, Angola and Turkmenistan (alcuni di questi paesi in default) e negli uffici di Barclays, Citibank, Deutsche Bank, and HSBC, tutte banche in prima linea a sbandierare la loro adesione a etica e social responsibility. Ma come per l’industria dell’assistenza il gap fra forma e sostanza, realtà e ipocrisia è immenso.
Nella Barclay ha il conto Teodorin Obiang , il figlio del dittatore della Guinea quando la stampa mondiale ha accusato il regime famigliare d’essersi intascato i proventi del petrolio, lasciando lo stato in bancarotta.
La Citibank aveva come cliente Charles Taylor, criminale di guerra, gran ladrone delle risorse naturali fra Sierra Leone e Liberia; Denis Christel Sassou Nguesso, figlio del dittatore del Congo, che, mentre il paese marcisce, se la gode in giro per il mondo con i soldi del petrolio riciclati nelle banch; il Presidente Niyazov del Turkmenistan, che ha messo in salvo milioni di dollari dalle prebende per la vendita del gas naturale. E via discorrendo.
Quindi, conclude, il rapporto banche complici nella predatoria attività di dittatori e signori della guerra, nella stabilizzazione di regimi dittatoriali, nel finanziamento d’eserciti e bande. Alla faccia delle risorse naturali a favore dello sviluppo della nazione e dei servizi ai cittadini.
Per avere un mutuo è meglio mettere su una bella banda di predoni, una proposta per il prossimo vertice del G-20 a Londra quando si parlerà del credit crunch.