Paras Bir Bikram Shah Dev era il principe ereditario del Nepal. Un ragazzotto che girava come un pazzo per le strade di Kathmandu su un jeppone nero, investiva qualche pedone, si picchiava nelle discoteche. Veste come un mafioso dei film e porta una lunga coda di cavallo (pony tail) e perenni occhiali scuri. Ora vive a Singapore con la famiglia e si racconta che anche lì, malgrado non abbia l’assoluta impunità che godeva in Nepal e che sfiori i 40 anni, faccia la solita vita da vitellone.
Anche il Re suo padre non lo sopportava più e, da anni, si pensa di far saltare la linea ereditaria a favore di qualche nipote di Gyanendra. I nepalesi, a parte qualche bulletto di Gongabu, non lo sopportavano e ne avevano paura. Il rischio che accedesse al trono è una delle cause dell’eliminazione della monarchia.
Re Gyanendra, tornato dal suo lungo viaggio in India, è stato accolto da una folla di fotografi, giornalisti e monarchici all’aeroporto di Kathmandu non ha lasciato dichiarazioni sugli incontri avuti con i politici indiani e neanche ne farà sull’intervista del figlio comparsa sul giornale di Singapore New Paper.
Paras, fra le mille voci che circondarono il massacro della famiglia reale del 2001, fu uno degli accusati della strage. Alla gente era antipatico come il padre, il sovrano ucciso Birendra era amato e poteva favorire una rapida introduzione dei maoisti nella politica, ponendo fine al conflitto. L’inaspettata ascesa al trono di Gyanendra (considerato un reazionario), unico superstite della famiglia insieme al figlio Paras, ampliava le mille voci sul suo coinvolgimento.
Gli stessi maoisti, allora in pieno conflitto, dichiararono che l’uccisione di Birendra era opera delle forze reazionarie, dei servizi segreti indiani in cocca con l’assolutista Re Gyanendra (che infatti impose la legge marziale nel 2005) e che una task force segreta dei maoisti era in contatto con Re Birendra per giungere a una soluzione pacifica. Oggi, il governo del maoista Prachanda, ha dichiarato che vuole riaprire l’inchiesta sul massacro reale.
La prima ragione dell’intervista è allontanare i sospetti sul suo coinvolgimento nel massacro ma, al tempo stesso, conferma che all’interno della famiglia reale (e dei consiglieri) vi era una fazione che si opponeva alle aperture democratiche di Re Birendra, fin dalla concessione della Costituzione e del pluripartismo nel 1990. Questa fazione raccoglieva, fra gli altri, il principe ereditario Direndra (l’autore del massacro), Paras stesso e Gyanendra. Tutte persone escluse da Birendra da ogni decisione per le loro posizioni estremiste; si racconta che lo stesso Direndra era prossimo ad essere escluso dalla successione.
Paras conferma che i rapporti fra padre e figlio erano pessimi e s’aggravarono per l’opposizione della famiglia al suo matrimonio con la bella Devyani Rana. C’è da aggiungere che entrambi i rampolli bevevano come spugne e che si fumavano canne a ripetizione.
La novità dell’intervista è l’introduzione del denaro come ulteriore elemento che ha scatenato la pazzia del principe Direndra. Racconta Paras che all’epoca, era in ballo un affare da USD 15 milioni per l’acquisto di armi per l’esercito ‘The Nepali army was looking for a new weapon to replace the Belgian SLR. Dipendra liked the German Heckler & Koch G36 assault rifle, as opposed to the battle-tested Colt M16,’
Com’è tradizione in Nepal il Principe voleva farsi una cresta sulla fornitura ‘That, to me, was the real trigger. The deal would have probably been for about 50,000 rifles, which at US$300 ($454) apiece, would work out to about US$15 million.
Anche lì i soldi non bastavano mai, Direndra voleva lasciare il Nepal e sposare Devyani, il papà, visto come si comportava, gli aveva tagliato i fondi. Ma, mi dice l’amico Rajendra, rispolverando una delle mille congetture di quei tempi, se il principe assassino Direndra (non un gran cervellone) fosse stato spinto, condizionato, aiutato dai nemici del buon re Birendra a compiere la strage per ristabilire (contando sugli aiuti indiani, USA e inglesi) la monarchia assoluta e combattere, con più decisione, la sacra guerra contro il terrorismo?
Oggi (31\3) i giornali riportano le prime reazioni all’intervista di Paras: Dichiara un generale in pensione “But it was a time when there was already an embargo on selling weapons to Nepal,”. As a result there was an understanding among them not to sell lethal weapons to Nepal. Even the Americans were not giving us Colt in that situation. So the question of receiving commission in a situation when both the weapons could not be bought, only god knows, conclude il generale. Però, qualche temo dopo Nepal later managed to acquire more than US $ 29 million in military funding, from the US, including the transfer of 20,000 M16 assault rifles. Even the HK G 36 rifles ended up in Nepal, as outlined by Jane’s Infantry Weapons 2003-4, despite reports of the German government’s denial to provide arms citing human rights issues. Però i tedeschi che coerenti difensori dei diritti umani.