Sembra che una confusione globalizzata stia investendo tutte le classi dirigenti. In Nepal, oggi, dovrebbe re-impastarsi il governo di Bhattarai con l’inserimento di rappresentanti delle opposizione (UML e Congresso). Un governo d’unità nazionale per definire la costituzione e il sistema elettorale. Una volta fatte il premier dovrebbe diventare un esponente del Congresso, incaricato di guidare il paese alle nuove elezioni (ipotesi già negata dai maoisti). Sistema elettorale alla finlandese (parte proporzionale e parte maggioritario), divisione del paese in 10 province più o meno autonome (che tanti non vogliono, altri ne vorrebbero 20 e favorisce il nascere di ulteriori tensioni). Questo sembra emergere dalle estenuanti discussioni.
Ma tutto si è, nuovamente bloccato: “The CPN-UML has decided not to join the coalition government led by Prime Minister Baburam Bhataarai” prima deve dimettersi. Claiming that the three parties—UPCN (Maoist), Nepali Congress (NC) and UML—along with United Democratic Madhesi Front (UDMF) on Wednesday had agreed to disband the current cabinet to pave way for a consensus government, Oli charged Maoist and Madhesi leaders with misinterpreting the understanding today. Ora vediamo cosa farà il Congresso.
La ragione sembra essere che il “reshuffled” governativo era già stato limitato, dalle dichiarazioni dello stesso governo, e, dunque, si prevedono ulteriori tensioni politiche che rallenteranno la chiusura delle questioni istituzionali e la ripresa dell’attenzione verso politiche economiche di sviluppo.
Pensare che i due vicini, India e Cina, erano simili al Nepal come reddito pro-capite negli anni ’80 e adesso è diventato 3 volte (india) e 10 volte (cina) rispetto a quello di un nepalese. Negli ultimi 30 anni (1980-2010) il reddito pro-capite è cresciuto solo del 2,2% annuo. (4,4 India; 9% Cina).Basterebbe intercettare qualche flusso dell’immenso import dei due paesi (il 10% dell’import mondiale).
A questo proposito l’UNCTAD ha sborsato un po’ di soldi e leggo con un po’ di fastidio un articolo di Asia News, in cui si scrive “Secondo le statistiche dell’Organization for Economic Co-operation and Development (OECD) circa 1/3 dei fondi dovrebbe essere destinato a investimenti nel settore delle imprese, ma il governo li utilizza soprattutto per ripianare le sue spese (circa il 26% dell’intero bilancio dello Stato)”.
In sintesi, scrive, che i soldi donati dall’UNCTAD non sono utilizzati per sviluppare strutture e politiche per il commercio. La colpa, secondo l’articolo è del governo nepalese (in perenne cambiamento e confusione) e, come sempre, non nei donatori che, in teoria, dovrebbero vincolare gli aiuti a precise politiche, progetti e risultati e spetterebbe a loro la responsabilità sui controlli. Sembrerebbe ovvio ma non lo è e così si buttano via milioni di euro che non sono dell’UNCTAD o dei suoi burocrati fancazzisti ma dei tax payers. Nessuno lavora per creare network di relazioni, referenze, contatti fra aziende dei paesi poveri e compratori di quelli più ricchi, ma si limitano a buttare soldi dalla finestra. Almeno, fra una birra e l’altra, questi travet potrebbero leggersi lo studio Eroding the Culture of Contracting: Aid, Not Trade? e farsi venire qualche idea.
Pensate che per sviluppare il sistema educativo cioè abbassare i drop-out, costruire scuole, fare training agli insegnanti, pagare gli stessi, etc sono stati investiti in Nepal (dal 1975) oltre USD 205 milioni all’anno.
Un recente rapporto dell’IBRD (Banca Mondiale) scrive “poor financial management and a weak fiduciary environment coupled with little progress in implementing the program…”. Una massa immensa di denaro (USD 10 per ogni nepalese) utilizzata per costruire (a costi elevatissimi) strutture sotto utilizzate, pagare insegnanti, mantenere l’immensa burocrazia, consulenti e espatriati che ruota intorno al decrepito Ministero dell’Educazione. Certo, tutti questi soldi buttati nel calderone qualcosa hanno prodotto, ma la qualità dell’investimento è stata penosa.
Il livello delle scuole pubbliche nepalesi è bassissimo tant’è che c’è stata l’esplosione di quelle private e, anche i dati oggettivi, sono inquietanti: permane elevatissimo il tasso d’abbandono nelle scuole primarie fra la prima e la quinta classe e, ancor più alto quello nelle secondarie. Non c’è controllo sull’implementazione dei progetti, non ci sono idee innovative, i soldi sono sborsati e nessuno se ne occupa più. Se partono in 100 bambini nella prima elementare, meno di 30 concludono le secondarie. In un altro post vedremo che fine hanno fatto: i venditori di strada, i manovali o i risciòmen nella nuova costruenda Kathmandu.
Si rischia d’entrare in una grave crisi istituzionale se il governo d’unità nazionale non verrà composto.
Le regioni dell’estremo ovest sono bloccate da 7 giorni per uno sciopero in cui si chiede la costituzione di una regione autonoma.
A Dhangadi, la gente ha bruciato le foto di 22 parlamentari che s’oppongono alla proposta.
Un nuovo sciopero è proclamato dal Tharuhat Struggle Committee (TSC), l’organizzazione che chiede la costituzione di una regione autonoma per l’etnia Tharu nel Terai.
Le proposte, poco pensate, di creare 10 regioni autonome nella nuova costituzione stanno creando enormi problemi fra chi si oppone e chiede uno stato unitario e le decine di gruppi etnici e religiosi che chiedono una propria regione autonoma.
A proposito della carenza delle scuole pubbliche e del proliferare delle private, proprio in questi giorni i gesuiti celebrano i 60 anni di presenza in Nepal; Asia News riporta la notizia, dicendo che grazie ai gesuiti si è formata famiglia reale ed elite del Paese ed oggi intendono aprire ancora altre scuole:
ma chi paga?!
Guarda ho conosciuto diversi gesuiti che ho trovato seri, preparati e profondamente innamorati del Nepal, dove peraltro era vietato fare proselitismo.
Molti sono stati studiosi preparati e bravi e hanno scritto libri fondamentali sulla storia del Nepal.
La loro scuola, la SAn Xavier e la Santa Mary (per le ragazze) sono fra le poche scuole in Nepal che preparano gli studenti, malgrado tutti i soldi investiti nell’educazione.
Sono stati i primi in Nepal a proporre un educazione moderna e aperta alle donne.
Certo, per entrare da loro bisogna pagare, ma prendono anche tanti ragazzi con borse di studio, contrariamente alla maggior parte delle scuole private.
Penso che i gesuiti in Nepal siano stati un elemento positivo.
Avevo scritto un post su Padre Moran che ha vissuto li tutta la vita, una bella persona.
https://crespienrico.wordpress.com/2009/02/11/nepal-chiudono-anche-i-gesuiti/