Mohammad S. Moussalli è un blogger e giornalista libanese e questo suo articolo ci offre una prospettiva, dal mondo arabo, sulla lotta alla povertà, sui MDGs, sulla disperazione e violenza che la mancanza d’opportunità crea ( nelle sue terre è particolarmente intensa).
I Millennium Development Goals (inventati nel 2000) sono stati una bella invenzione pubblicitaria dell’industria dell’assistenza pubblica (sistema delle NU) e fatta propria, con proclami e marketing, da quella parapubblica (ONG). Fra la moltitudine di obiettivi (alcuni raggiunti, in poche aree, grazie e solo all’apertura dei mercati e allo sviluppo naturale) vi era quello di dimezzare la povertà entro il 2015. Ne abbiamo già parlato e Moussalli, concorda con noi: la povertà si è ridotta solo sulla carta fatta girare dall’industria dell’assistenza.
Ci ricorda che già nel settembre 2003 (Dubai), durante il meeting annuale della World Bank e del Fondo Monetario Internazionale, James Wolfenshon (presidente WB) dichiarò che oltre un miliardo di persone sopravvivevano con meno di un dollaro al giorno. Mentre un altro miliardo controllava l’80% del PIL mondiale. Oggi, continua Moussali (riportando i dati della WB già segnalati in questo blog) il World Development Indicators (WDI) 2012 della WB riporta che l’indicatore di povertà globale della popolazione che vive con meno di $1.25 al giorno è stato diminuito della metà (da 44.3% in 1990 a 22.0% in 2012). Poi, sempre la WB nel suo Global Poverty Update (febbraio 2012) scrive che “At the current rate of progress there will still be around 1 billion people living below $1.25 per day in 2015”. Non si reduce la povertà ma solo il numero di persone che vivono con meno di $ 1,25 al giorno (cioè niente).
Insomma un gran movimento di numeri da cui emerge che, sempre secondo il rapporto, “The number of people living between $1.25 and $2.00 has almost doubled from 648 million to 1.18 billion between 1981 and 2008”. Non si capisce più niente se non che i poveracci sono raddoppiati, alla faccia dei MDGs. Mettendo insieme questi numeri della WB risulterebbe che il mondo aveva 2.47 miliardi di poveracci nel 2008 (meno di $ 2 al giorno; contro i 2.59 miliardi nel 1981. Il numero di 120 milioni di persone uscite, secondo la WB, in 30 anni dalla miseria sono pari al numero dei cinesi che hanno fatto tutto da soli, conclude Moussali. Calcolando il tasso d’inflazione, il potere d’acquisto, il costo delle materie prime alimentari, si può dire che la povertà si è ridotta solo nei calcoli della WB.
Sfortunatamente la povertà è in crescita, continua l’articolo, e sta allargandosi ad aree fino ad allora escluse. Nel Medio Oriente e nel mondo arabo, a parte i sei stati\emirati del Golfo (Gulf Cooperation Council), la povertà sta espandendosi dal Marocco, ai paesi mediterranei, all’Africa della costa atlantica attraverso Sudan, Iraq e Siria, specialmente fra le classi più povere e i senza lavoro. Ciò è dovuto a molte ragioni: la decennale inflazione e perdita di valore dei salari che ha ridotto il potere d’acquisto della classe media e dei lavoratori; l’alto livello di disoccupazione fra i giovani e l’assenza di risorse statali da destinare allo sviluppo.
L’evidenza è che il gap fra i ricchi e i poveri si è allargato nel mondo Arabo come mai prima e che i più poveri incolpano le dirigenze politiche dei vari paesi di questo stato ma responsabilità sono ci sono anche quelle delle elites economiche (aggiungiamo noi che è la classe dirigente, anche lì che ha fallito). L’esempio è il Libano del primo ministro Najib Mikati (sostenuto dagli Hezbollah) dove niente è stato fatto per contrastare povertà e disoccupazione. Non è stato creato un ambiente business-friendly per gli investimenti nazionali e internazionali in grado d’assorbire l’imponente numero di giovani diplomati e laureati disoccupati. L’economia libanese può provvedere solo 12.000 posti di lavoro decenti al’anno contro 20.000 nuovi laureati.
Per i libanesi e tutti gli arabi, proclami e promesse del governo di una crescita economica non significano molto, quando la maggior parte di massa delle popolazioni stanno lottando per sopravvivere giorno dopo giorno. Un reale progresso socio-economico di solito implica una ripresa del tenore di vita e una discesa del tasso di disoccupazione. Gli Arabi ritengono che l’origine principale dei loro disagi e pene derivi una sbagliata programmazione economica, malgoverno, corruzione di funzionari statali e amministratori, e dall’avidità dei gruppi economici. Ovviamente, ci sono molte questioni urgenti, quali l’istruzione, inflazione, la disoccupazione, la sanità e pubblico, che hanno bisogno di urgenti misure di riforma al fine di limitare ulteriormente crescente di povertà e di frenare le rivolte sociali previste. Ma, i rimedi contro la povertà verranno attuati solo quando i governi arabi iniziare prima del tempo un vero e proprio processo di riforme politiche, sociali ed economiche in grado di fornire la giustizia, l’uguaglianza e lo sviluppo a tutti i cittadini. Nel frattempo, le leadership politiche dovrebbe tenere a mente che la povertà è la matrice di tutti i problemi .
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Caro Enrico
è incredibile come i tuoi posts siano sempre anticipatori di situazioni. Lo stesso è per l’articolo di Moussalli che prevedeva una situazione di prossima eruzione anche in Libano. Il paese è in guerra, la Siria un paravento, per scacciare il governo in carica che, appunto, toglie speranze e lavoro con corruzione e incapacità