Anche al Dog Training Center della polizia è stato osservato il Kukur (cane) Tihar e reso omaggio, con ghirlande e mangiate, ai cani poliziotti (di solito un po’ bistrattati). Lo stesso è avvenuto in città dove, negli ultimi anni, è scoppiata (fra chi può) la moda dei cani di compagnia. Gli altri, i tantissimi randagi che sono tornati ad essere un pericolo di notte o quelli da guardia, trattati di norma malissimo, non hanno ricevuto malla (ghirlanda di fiori) ma, forse qualche calcio in meno.
La benedizione del Kukur Tika, rientra nell’ antica venerazione di Yama (Panchak Yama, i 5 giorni di Yama), il terrifico Signore della Morte; figura che risale ai Veda che parlano di Yama come il primo essere umano che morì. Le fedi dell’Asia (buddhismo e hinduismo) hanno poi elaborato la sua figura e significato rendendolo un’emanazione di Shiva, il Signore del Tempo (Kala) e Vajrabhairava e Shinè per i buddhisti. La storia sarebbe lunga ma questa è la sintesi. La sua venerazione assicura lunga vita e prosperità e favorisce il passaggio senza sofferenza nei diversi regni del Samsara da lui controllati, e l’eventuale fuoriuscita nel Nirvana, cioè il superamento del Tempo. Lui giudica e controlla, tenendo fra i suoi dentoni la Ruota della Vita (Bhavacakra), una delle più antiche e potenti rappresentazioni cosmologiche dell’Asia.
Due insaziabili cani con quattro occhi e denti enormi sorvegliano l’entrate dei suoi mondi. Da qui, per evitare problemi, le offerte ai cani e ai messaggeri del Signore della Morte, i corvi (Kag, anche loro venerati in questi giorni). Il fratello di Jamuna era mortalmente malato ed ecco giungere Yama a prendere la sua anima, la giovane chiese al Dio di attendere per concludere le complicate cerimonie prescritte dalle scritture. Jamuna continuò, per un anno, a venerare il fratello con continue offerte di fiori, incensi, preghiere. Quando Yama tornò, il giorno del Bhai (fratello) Tika, fu impressionato dalla devozione di Yamuna concesse la vita terrena al fratello. Interi libri sono stati scritti sulle storie e leggende che sottostanno alle molte feste del Nepal e dell’India. Il Tihar (Diwali), la festa delle Luci raccoglie tutte queste tradizioni e le collega attraverso mitici racconti.
Oggi si venera la bella Lakshmi, consorte di Vishnu, e portatrice di benesseree prosperità. A lei si accendono lampade d’olio e burro di terracotta (comprate a bizzeffe in questi giorni) o più semplicemente luminarie elettriche (l’elettricità, solo, in questi gironi è fornita con regolarità).
La polizia è in grande movimento, come in tutte le feste dove il tasso alcolico sale considerevolmente, in un paese dove, già di norma, si beve troppo e male. Una poliziottina era impegnata a sentire il fiato dei motociclisti in coda a Naya Bazar, un lavoro infernale senza il palloncino. Altri sono piombati in un bar di Thamel dove i figli di un mio amico stavano festeggiando il compleanno. Erano un po’ allegri, era l’una di notte, ma niente poteva far prevedere che li sbattessero per una notte in gattabuia. Eppure è successo anche a chi è stato sorpreso a fumare una sigaretta nelle strade, dopo il divieto di qualche mese orsono. Sembra ripresa la moda degli anni ’80 quando i poliziotti, allora più onnipotenti, tagliavano i capelli ai pochi hippies nepalesi e s’aggiravano come potenti guardiani nella notte e davano qualche bastonata a chi era ancora in giro. Le foto le ha fatte Gianni, sempre in giro per la città.
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Grazie ancora per questo scorcio di quotidianità sul Nepal.