In Nepal, fino all’ultimo, non si è mai certi di niente. Aggiornamento: 25/2: Oggi il giudice ha accettato, sotto pressioni, nazionali ed internazionali di far uscire il paese dall’ impasse istituzionale e di guidare un nuovo governo tecnico che porterà il Nepal alle elezioni di giugno.
La proposta di nominare il Presidente della Suprema Corte, Khil Raj Regmi, a capo di un governo destinato a traghettare l’incasinato paese alle elezioni, è ancora in bilico. Adesso i leaders dei maggiori partiti cercano di convincerlo, limitando le loro pretese. Il serio magistrato non vuole restare con il cerino in mano e prendersi la colpa se i partiti, litigando, non giungono alle elezioni previste per l’inizio di giugno e la situazione precipita.
Una soluzione che sembrava vicina s’è improvvisamente allontanata, dopo che la visita di oggi dei principali leaders a casa del candidato s’è conclusa con un nulla di fatto. Il giudice, CJ (come è chiamato) è il Presidente della Suprema Corte (una specie di Corte Costituzionale se ci fosse una costituzione), uno dei pochi organi istituzionali esistenti e funzionanti in Nepal. E’ fra i rari alti burocrati statali che ha studiato, quasi interamente, alla locale Tribhuvan University e s’è fatto tutta la gavetta partendo dai tribunali di distretto, fino alla massima carica giudiziaria.
Il suo nome è stato fatto, saggiamente dal Primo Ministro maoista Bhattarai, per sbloccare una situazione di stallo che durava da 8 mesi, cioè dallo scioglimento dell’Assemblea Costituente che, in 5 anni non è stata in grado di dare al paese una costituzione. E’, da molti, considerato l’ultima speranza per evitare l’aggravarsi della crisi politica e istituzionale. Ma non tutti sono stati d’accordo. I vecchi leaders dell’UML (Nepal, Pokharel ed altri) hanno, fino all’ultimo, cercato d’ostacolare la decisione all’interno del loro stesso partito. Si sentivano messi da parte dall’accordo raggiunto dai nuovi (Khanal ed altri) con i maoisti; il Congresso ha avuto anche lui, seppur con minor tensione, la fronda interna (sempre capitanata da vecchi esponenti, screditati da anni di partecipazioni a governi fallimentari); subito d’accordo il United Democratic Madhesi Front.
Decisamente contrari , e in piazza, i maoisti duri del CPN ML, gli altri partiti Madhesi d’opposizione e il NEFIN, una specie di Lega Nord, finanziata dai donatori occidentali, che vuole un federalismo etnico. Tutto oggi hanno sfilato per portare una petizione al Presidente della Repubblica e sono stati bloccati dalla polizia.
In tutto questo casino, non sorprende che CJ, inizia a pensare di rimanere dov’è. La gente non ne può più. Le migrazioni sono salite del 14,71 % nell’ultimo semestre, raggiungendo al cifra recordo di 250.000 migranti ufficiali (quasi tutti giovani), si pensa che oltre il 15% dell’intera popolazione sia andato via a cercare fortuna negli ultimi 15 anni.
La soluzione di un governo tecnico (fortunatamente non di un finanziere) è la soluzione migliore per cercare di giungere ad elezioni decenti a Giugno, proprio quando inizia il monsone. Rimane da risolvere il problema della cittadinanza e relativi documenti per almeno due milioni di cittadini, come abbiamo visto in altro post.
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La contestazione sollevata dal Congresso e’ che bisogna garantire la separazione dei poteri. Una considerazione un po’ strana visto che in Nepal non si è riusciti a fare la costituzione e che l’Assemblea Costituente e’ stata prorogata diverse volte oltre i termini previsti.
L’idea è che il gruppo di potere rappresentanti dai vecchi politici del Congresso e dell UML, vogliano gestire loro la fase pre-elettorale. La loro storia e’ quella di clientele e prebende.
mi immagino le scene se si chiamasse in Italia un giudice a formare un governo….
comunque, vediamo che la pratica di rivolgersi a “tecnici” per sbolognarli le grane è universale. potrebbe andare pure bene chiamare personalità istituzionali, se si riconoscesse a) che hanno idee politiche anche loro; b) che la loro competenza va supportata.
positivo (sic) comunque leggere che finanziamo delle “leghe” etniche anche nel terzo mondo. proprio non impariamo mai dagli errori: specie in Stati i cui confini sono stati tracciati col righello, queste politiche possono essere bombe ad orologeria