Passato il business delle adozioni (vedi posts), adesso c’è chi si butta su quello dell’utero in affitto (GPA, maternità surrogata). Vietata in India e Thalandia, Kathmandu sta diventando il centro per asiatici e occidentali. Qui, anche in questo campo, non ci sono regole.
Come per le adozioni è già nata una rete di “agenti” che propone soluzioni “tutto compreso”: casa, albergo, sauna per i riceventi, con convenzioni e ricarichi sui principali hotels (stessa cosa era accaduta per le adozioni); è il “fertility Tourism”. Mentre le donatrici sono custodite in case controllate e in condizioni più essenziali. L’utero in affitto costa a un occidentale o indiano fra euro 40.000 fno a euro 80.000. La donatrice riceve al massimo euro 7.000. Questi sono gli attuali prezzi mercato.
La cosa è diventata pubblica quando, alla fine di aprile (poco dopo il terremoto) è arrivato a Kathmandu un aereo pieno di madri potenziali. Il servizio si è presto allargato a “single, gay, married or not”. Nei siti web, la futura mamma può rilassasi, farsi una sauna, godere dei “excellent food, premium bar, local entertainment”.
L’amico e dottor Dhungana, lavora per il Dhulikel Hospital (ospedale comunitario e fra le più serie ed efficienti realtà mediche nepalesi) e racconta che malgrado questa pratica sia in uso anche in molti ospedali non vi sono autorizzazioni specifiche da parte del MoHP (ministero della salute). Ciò è confermato dal ministero il cui portavoce dice “the Gov. Had asked to formulate a policy on surrogacy but we have not even formed a panel for this”. Stessa situazione era per le adozioni: liberi tutti.
E’ chiaro che, in mancanza di norme, continua Dhungana vengono meno i diritti fondamentali alla salute delle donne donatrici e dei bambini e tutto si trasforma in solo business.
Chi rischia di rimetterci sono, sempre i più poveri, come per le adozioni quando madri inconsapevoli affidavano i figli a orfanotrofi che poi li davano in adozione spacciandoli per orfani. Anche in questo business le donatrici rischiano di essere poco informate, costrette, assistite in modo insufficiente.
Dhungana specifica: ci sono rischi per la madre surrogata e per le donne che vendono i loro ovociti. Fra questi la sindrome di Iperstimolazione ovarica (SHSO), torsione alle ovaie, cisti, perdità di fertilità, tumori del sistema riproduttivo.
Dhungana è un brahmino, giovane e attaccato alle tradizioni. Il figlio ha un legame con la madre e la madre con il figlio, stabilito in 9 mesi di gestazione. Spezzarlo significa, per lui, rompere un ordine naturale e provocare gravi conseguenze psicologiche per entrambe le parti.
Grazie Enrico per tenerci aggiornati, la notizia era passata qualche giorno fa su Internazionale; quello che dici su quanto paga un’occidentale e quanto rimane alla madre dà proprio la misura del divario tra paesi ricchi e paesi poveri, dove i primi trovano sempre un’ occasione per abusare e sfruttare i secondi…. http://www.internazionale.it/opinione/martin-caparros/2015/07/30/madri-surrogate
The Supreme Court on Tuesday issued an interim order directing the bodies involved in rendering surrogacy service to halt it for the time being.