Altro giro di elezioni in Nepal, parlamento e province

Nepal Elections

Dopo poco più di due mesi si torna a votare in Nepal, come sempre in due tornate il 26 novembre e il 7 dicembre. Si eleggeranno (nelle 7 province/regioni) i 275 membri della House of Representatives (la ns. camera dei deputati) e migliaia di consiglieri provinciali (che poi eleggeranno il parlamento federale, 59 membri).
Sono in corsa 6094 candidati, poche le donne (malgrado la Speaker del parlamento e la presidente della Repubblica) e gli appartenenti a caste e categorie svantaggiate in barba agli obblighi previsti dalla costituzione. Si spenderanno oltre euro 130 milioni per la campagna elettorale fregandosene dei limiti (non rispettati neanche nelle scorse elezioni locali). Anche qui le regole sono formali.
Grandi feste e mangiate, porta a porta, jeep con i simboli dei partiti e tante parole: strade, sviluppo, educazione, stabilità sono le parole ricorrenti negli incontri nei villaggi e nella città. La sensazione è che le persone erano più partecipanti alle scorse elezioni per le assemblee comunali, dove candidati ed elettori si conoscevano direttamente e, dove, forse si percepiva che i nuovi enti locali potevano avere un impatto maggiore nella vita quotidiana.
I Nepal, come in altri posti, la politica nazionale è lontana ed è percepita come un modo di fare soldi, con personale, spesso, scadente. L’impatto sulla vita dei cittadini è solo di farli incazzare. Anche qui scandali, arricchimenti improvvisi, incompetenza sono le caratteristiche più evidenti della classe dirigente.
Eppure qualcosa si è mosso nella convulsa politica nepalese. I partiti di “sinistra” UML (ex comuniti) e Maoisti, dopo anni d’insulti, hanno formato un alleanza che sulla carta e in base ai risultati delle elezioni locali (40% UML e 14% maoisti più altri partitini potrebbe vincere le elezioni e cercare di governare.
Contro l’alleanza “progressista” si schiera quella “democratica” formata dal Congresso (35% nelle elezioni locali), i sostenitori dello stato Hindu e della restaurazione monarchica (Rastriya Prajatantra Party Nepal) e i partiti Madhesi (entrambi raccolsero più o meno il 11% dei voti). Consideriamo che questi partiti hanno governato, negli ultimi anni, con i maoisti. Anche l’ex capo maoista Baburam Bhattarai (già primo ministro e fondatore del nuovo e poco considerato partititino Naya Shakty) è entrato nell’alleanza dopo assicurazioni su un seggio sicuro.
Gli osservatori locali sperano che, malgrado siano registrati 87 partiti, le coalizioni (se resisteranno al post voto) dovrebbero garantire un pò più di stabilità (12 governi negli ultimi 10 anni). Il paese sta crescendo economicamente, malgrado corruzione e inefficienze, e un ostacolo (troppo un aiuto) potrebbe essere dato da governi autorevoli.
Lo sviluppo si manifesta, principalmente nelle infrastrutture (prestiti cinesi, indiani e delle banche istituzionali): si sta ampliando (per renderlo internazionale) l’aeroporto di Pokhara, si sta allargando la Ring Road a Kathmandu, mancano le ruspe per fare strade sulle colline; gli abitanti del Manang stanno aprendo nuove vie di trekking, dopo che la strada ha fatto diminuire drasticamente i trekkers che salivano al Thorong La, si pensa a una ferrovia Kathmandu-Pokhra- Lumbini, si cerca di rendere agibili le strade che dalla capitale portano nel Terai. Cresce l’inflazione (sopra il 5%), cresce il PIL (intorno al 6% nel 2017 e 5% nel 2018), permane un 30% della popolazione con meno di USD 2 al giorno.
Non sorprende che i partiti tradizionali hanno messo nei loro programmi (come sempre) la lotta alla povertà, lo sviluppo, le strade, l’educazione; si sta discutendo di rendere la sanità gratuita (almeno in parte) e questo sarebbe un risultato importante. C’è da dire che con l’elezione dei municipi e con l’auspicabile flusso di denaro promesso dal centro alla periferia, gli enti locali dovrebbero avere importanti poteri e strumenti per attuarli; strutture, progetti di sviluppo, educazione dovrebbero essere loro competenze esclusive.
Fuori dai partiti tradizionali, il più vivace permane il Bibeksheel Sajha Party (BSP) che raccolse a Kathmandu oltre il 20% dei voti. Loro, con un libro appena pubblicato, ricordano che i partiti tradizionali, a parte le parole, sono stati coinvolti nei grandi scandali di frodi fiscali, tangenti e truffe della Nepal Oil Corporation o della Nepal Airlines , fra gli altri scandali degli ultimi anni.
Le coalizioni sono determinate dal sistema elettorale previsto dalla costituzione del 2015: 165 membri eletti in collegi uninominali e 110 col sistema proporzionale su base nazionale. Sembra che gli italiani abbiano copiato, incasinandolo il modello nepalese.
Lo stesso avviene per i membri dei consigli regionali (7 province): 60% in collegi uninominali e 40% col sistema proporzionale su base regionale. A loro spetterà poi nominare i 59 membri del parlamento federale.
Le ultime elezioni locali sono state un splendido esempio di partecipazione (oltre il 70% dei votanti) e tante persone che, conoscendo i candidati, hanno fatto una allegra campagna elettorale, nel complesso pacifica. Speriamo che lo stesso avvenga per le elezioni nazionali.

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