
Se non sbaglio tutto cominciò nell’estate del 1992, quando Kathmandu iniziò a parlare di Bertolucci. A Patan si creò un immenso hangar con il laboratorio cinematografico in cui si preparavano le quinte del Piccolo Buddha. Centinaia di operai fabbricavano le scene dipinte da decine di disegnatori. Panorama (vedi sotto) chiese un articolo che mi pagò l’affitto di due mesi. Allora la vita nella città costava ancora molto poco.
Tanti italiani, qualche inglese e un po di nepalesi. Era l’inizio di un operazione che andò avanti per un anno. Il gruppo si mosse dalla Valle di Kathmandu (dove i negozianti potestarono per la chiusura dei negozi causa delle riprese), nel Terai, non raggiunse per problemi logistici il Mustang, ma furono gli unici a girare qualche scena a Paro in Buthan. Il mandala incompiuto che apre le prime scene è di li.
Una mensa sempre rifornita di formaggio grana, prosciutto crudo, vino, merci allora introvabili a Kathmandu. Eravamo sempre lì a mangiare e a scambiare idee con Storaro (grande sceneggiatore) e i suoi collaboratori e a suggerirgli qualche location o amico nepalese da assumere, insieme a noi qualche importante Lama che dava consigli su rituali e miti del buddismo. Qualche integralista buddhista voleva che Buddha sparisse dal titolo, che rischiò di diventare “I piccoli Lama”.
Qualcuno, grazie al film, fece fortuna come Lila, il traduttore, o Rajan il fornaio. Vittorio Storaro, da sempre lo sceneggiatore di Bertolucci, faceva lo sherpa, metteva insieme i pezzi in attesa del tocco magico del regista. In cambio delle assunzioni clientelari degli amici nepalesi, lo abbiamo messo in contatto con l’entourage dell’allora Primo Ministro Koirala per compensare lo strapotere degli inglesi (era una coproduzione), più dinamici nelle relazioni pubbliche.
Forse, il kolossal ha iniziato a muovere la creatività del cinema nepalese, che, dopo qualche anno, raccolse qualche successo internazionale.
Come tanti che sono venuti qui, anche Bertolucci, mantenne un legame con il Nepal, ridestato con il suo contributo agli aiuti dopo il terremoto del 2015.
Nel novembre 1992, Panorama pubblicò l’articolo (vedi sotto) che raccontava:
“….Il Nepal ha scoperto il cinema occidentale, la violenza di Rambo e gli amori appassionati di Kim Basinger, ma anche il cinema europeo ha scoperto il Nepal.
Migliaia di comparse, elefanti, guerrieri con costumi antichi animano le piccole piazze della città. Muri di polistirolo cercano di ricreare i luoghi in cui, 2500 anni fa, nacque, predico e raggiunse l’illuminazione Siddharta Gautama, il Buddha.