Muore l’ultimo Raja

Lo stesso è per l’anziano Re Jigme Palbar Bista, anche lui poco più di un simbolo per il suo paese. Il Mustang è isolato dietro l’Himalaya, un pezzo di Tibet insinuato nel Nepal. Paese lunare, di ampie, valli secche, forti e monasteri che, faticosamente, sta collegandosi alla modernità. Prima con le migrazioni, poi con la striscia di strada che scende dalla Cina e che dovrebbe collegarsi a quella che sale dalla Kali Gandaki. Ogni anno 80 camions scendono dal Tibet portando cianfrusaglie cinesi.
L’ex Raja si dice contento “Sometimes people get sick and die because they can’t get treatment in time, and the road might change this” ha dichiarato in una rara intervista. Ma, allora, più della strada servirebbero ospedali, scrivono gli oppositori. Anch’io penso che la strada che sale fra i villaggi della Kali Gandaki e che dovrebbe raggiungere Lo Mantang (capitale del Mustang) sia un impresa bizzarra: il terreno rende difficile il suo mantenimento, non vi è niente da portare verso i mercati di Kathmandu, si distrugge uno dei  percorsi di trekking più belli (con relative perdite economiche per le attività locali).
I nepalesi sperano che con la strada salgano a vedere l’Annapurna e i monasteri del Mustang e di Muktinath comitive di giapponesi e cinesi in bus. Intanto permane il trekking permit a USD 100 al giorno, diretto, formalmente, a preservare il patrimonio artistico e naturalistico del Mustang e a limitare le presenze di turisti (ma, come detto, non di camionisti cinesi).
Il vecchio Raja (colonello dell’esercito e pensionato dallo stesso) ha accettato la decisione ufficiale del Governo nepalese di togliergli ogni potere formale (con lui anche i raja fantasma di Salyan, Jajarkot and Bajhang, tutti parenti poveri dell’ex-sovrano Shah) e, anche, il Mustang perderà il titolo sfruttato di “Regno Proibito“.
Il sovrano  “still addresses small disputes, but if anything major happens we refer it to the chief district officer in the district headquarters”, ha dichiarato, spiegando la sua funzione negli ultimi anni.
Giuseppe Tucci nel passato e Peter Matthiessen negli anni ’60 hanno scritto della storia e delle tradizioni di quest’area. Alla fine del 18° secolo il Mustang fu incorporato nel nascente regno del Nepal e perdette la sua indipendenza (pur sotto la protezione del Tibet) che risaliva al 1450, quando il mitico guerriero Ame Pal raccolse le tribù delle vallate e creò il regno. 
Nei secoli passati, famosi pittori e scultori nepalesi, passarono per il Mustang nei loro viaggi decennali per creare le immagini delle diìvinità nei ricchi Gompa tibetani. Alcuni si fermarono e affrescarono i monasteri della regione, che, grazie al loro isolamento, hanno mantenuto pitture antiche e rare, risalenti alle prime scuole buddhiste. Altri pezzi d’arte, sculture, bronzi, legni, sono spariti e rivenduti all’estero.
E’ in corso, da qualche, anno un importante lavoro di restauro ad opera della American Himalayan Foundation, a cui collaborano alcuni bravi e simpaticiitaliani. Durante questi lavori sono state riscoperti antichi dipinti, non unici nelle alti valli dell’Himalaya, in alcune grotte nei pressi della capitale con dipinta la vita di Siddharta Gautama.
Il terrore di questi ragazzi è che le case in pietra di lo Mantang diventino bordelli e karaoke per i camionisti cinesi e che il fragile ecosistema delle vallate sia pestato da file di camions puzzolenti. Con la buona pace del vecchio Raja.

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